Natale 2016

Auguri di Buon Natale
Felici festività, 
Ottimo anno per il 2017

e Buon Vento

da Lady Blues e tutto il suo equipaggio!

Capt. Simon, Timoniere Ombretta ed Ammiraglio Zarina.


L'isola dei pirati


"La notte del 20 dicembre 1849 un uragano violentissimo imperversava sopra Mompracem, isola selvaggia, di fama sinistra, covo di formidabili pirati, situata nel mare della Malesia, a poche centinaia di miglia dalle coste occidentali del Borneo. Pel cielo, spinte da un vento irresistibile, correvano come cavalli sbrigliati, e mescolandosi confusamente, nere masse di vapori, le quali, di quando in quando, lasciavano cadere sulle cupe foreste dell'isola furiosi acquazzoni; sul mare, pure sollevato dal vento, s'urtavano disordinatamente e s'infrangevano furiosamente enormi ondate, confondendo i loro muggiti cogli scoppi ora brevi e secchi ed ora interminabili delle folgori.
Né dalle capanne allineate in fondo alla baia dell'isola, né sulle fortificazioni che le difendevano, né sui numerosi navigli ancorati al di là delle scogliere, né sotto i boschi, né sulla tumultuosa superficie del mare, si scorgeva alcun lume; chi però, venendo da oriente, avesse guardato in alto, avrebbe scorto sulla cima di un'altissima rupe, tagliata a picco sul mare, brillare due punti luminosi, due finestre vivamente illuminate… " (I pirati di Mompracem, tratto dal Romanzo “Le Tigri di Mompracem” di Emilio Salgari)



La piccola e tranquilla Port Cros, perla naturalistica delle isole Hyeres, avamposto in bocca al Mistral, ricorda proprio un vecchio Covo di pirati…  però quei pirati dei romanzi di un paio di secoli fa, personaggi  come Sandokan, pirata gentiluomo, o scanzonati alla Jack Sparrow, o ancora i protagonisti descritti da Amitav, come in un feuilleton ottocentesco, dove su brigantini e velieri tirati a lucido, affaristi ed avventurieri incrociavano quelle sinistre figure spadroneggianti sui mari; nulla a che vedere con la cruente realtà delle bande armate che imperversano haimè sulle coste più affascinanti e selvagge del nostro pianeta oggigiorno. Insomma un’idea un po’ romantica ed edulcorata, dove le notti si illuminano di torce sulle spiagge e nelle segrete taverne di isole sperdute,  il rhum scorre a fiumi e gli zecchini, insieme a coppe dorate, corone e gioielli si ammassano in bauli di legno dai mille tesori stranieri…





E l’ansa di Port Cros, un po’ nascosta, concentrata in un minuscolo nucleo di casette ammassate su uno sterrato polveroso, con pochissime luci calde e soffuse, un pontile grezzo, senza corrente né acqua, dove non ci sono strade asfaltate né macchine, ma un gran numero di creoli francesi delle colonie caraibiche di un tempo che gestiscono i baretti con tavolini fatti con botti di vecchi liquori, beh a me ricorda proprio quest’atmosfera. Mancano sole le palme al posto dei pini marittimi (eppur bellissimi e dal legno di una fragranza intensa) e qualche pappagallo colorato ed impertinente!

Ma Port Cros non è solo questo. E’ soprattutto natura imponente e prepotente.

Quando il Mistral, furioso vento che nasce nella Valle del Rodano, si riversa sulle coste del Mediterraneo, con raffiche anche di 40 nodi Port Cros non è il posto più adatto. Ma i buoni isolani però quando i soffi non sono troppo violenti, e troppo prolungati tirano fuori dal cappello una grossa chiatta a protezione della spiaggia.  Noi siamo rimasti alle boe (ben sicure) fino ai 25-30 nodi e abbiamo oziato al cullare, a volte un po’ insistente delle onde, per giorni. A scaldarci un sole cocente ed un cielo tersissimo che regala all’imbrunire tra i tramonti più belli del mondo (rossi e viola infuocati). A ridosso della scogliera il suono armonioso delle cicale aiuta a meditare e riflettere.

L’isola è potente dal punto di vista naturalistico sia fuori che sott’acqua. La più piccola delle isole di Hyères, grande 675 ettari, è diventata infatti nel 1963 Parco Naturale e Riserva Marina Protetta così da preservarla da uno sviluppo edilizio selvaggio.    

A La Palud c’è anche un didattico sentiero sottomarino (sentier sous-marin), ma allontanandoti un attimo dai numerosi bagnanti l’incontro, o sarebbe meglio dire scontro, con possenti abitanti del mare, ben consapevoli del loro dominio incontrastato, lascia senza fiato.




Ma anche il trekkhing lungo i 30 km di sentieri segnalati (e che è vietato abbandonare), alla scoperta della flora e della fauna, tra farfalle e varie specie di uccelli, merita un assaggio.  

A sud dell’isola il panorama cambia all’improvviso, diventa aspro, quasi lunare, a proteggere il cuore verde e pulsante dell’isola.



Di sicuro Port Cros è un luogo in cui è sempre bello ritornare e sempre nuovo da scoprire. Va bene, d’accordo, ad agosto ci sono tante barche, tante persone, alcune delle quali rumorose e maleducate, ma basta davvero poco per estraniarsi e ritrovare la potente natura dominare sull’ambiente e nel corso del tempo.


E poi di notte, quando ancora un refolo di Mistral spettina i capelli, non sarà difficile immaginare di sentire in lontananza…




« Quindici uomini sulla cassa del morto
yo-ho-ho, e una bottiglia di rum!
la bottiglia e il demonio han pensato al resto
yo-ho-ho, e una bottiglia di rum! »












Finalmente Zarina si presenta sul Blog!

MIAOOOOO!!! Mi presento: sono Archangel'sk Morning Glory, ma per gli amici Zarina, una piccola Russian Blue di 10 anni. 

Vi chiederete cosa ci fa una gattina a bordo di una barca a vela? Beh, ovviamente la mia presenza è più che apprezzata e giustificata...

Dai fenici in poi, i gatti sono stati una presenza immancabile sulle navi. I miei cugini erano bene accolti in tutta Europa non solo per dare la caccia ai topi nella stiva ma anche come portatori di buona sorte. Iside, infatti, era anche la dea protettrice di navi e marinai e spesso le sue immagini, in forma umana o felina, venivano messe a prua.

Il gatto era considerato dai marinai lo spirito guardiano del vascello: se rimaneva a bordo, la nave era sicura; se l'abbandonava essa era destinata al naufragio. La presenza a bordo di un micio fu addirittura obbligatoria nella marina britannica fino al 1975.

Vi basta?

Naturalmente a me non passa per l'anticamera del cervello di abbassarmi a tali umili lavori di caccia, e spero bene che quelli con cui vivo (e amo visceralmente, ma mi raccomando non diffondiamo troppo la voce... potrebbero gasarsi) evitino accuratamente questa possibilità. 

A me piace accoccolarmi nella dinette d'inverno, al calduccio, stiracchiarmi sotto la cappottina o ancora gironzolare e controllare che tutto sia a posto a prua, al tramonto soprattutto in rada, tenendo ben lontani quei rumorosi gallinacci bianchi (gabbiani mi pare li chiamino). 

Durante le traversate amo fare il turno notturno in pozzetto (ahimè assicurata ad un guinzaglietto... forse Loro mi credono imbranata... tse!?!?!) e annusare gli odori salmastri e umidi della notte mediterranea. 

Naturalmente non devono mai mancare le crocchette a bordo, ma se arriva anche del bel pesce fresco non mi lamento. Ovviamente pulito e cucinato.

Preferisco andare a vela, il rumore del motore mi inversa un po' (o perlomeno così faccio credere ad Ombretta e Simone ad inizio stagione) ma alla fine adoro navigare con Loro e come disse Pablo Neruda (uno che probabilmente del mondo felino se ne intendeva) "L'elastica linea del suo corpo, salda e sottile, è come la prua di una nave".




...sentirete ancora parlare di me.

Sostituzione marmitta entrobordo Volvo Penta

Ebbene  si, dopo 14 anni l'inox di entrambi i fondelli della marmitta Volvo, delegata a raccogliere l'acqua di raffreddamento dello scarico dell'MD2020 si sono forati.

Durante una delle ultime regolari ispezioni dell'ampissimo vani motote, qualche goccia di acqua nera mi ha messo in allarme.
Questa era la posizione della marmitta originale, fissata da 2 grosse fascette inox alla paratia laterale, sotto la cuccetta di poppa:



Al successivo smontaggio della marmitta entrambi i fondelli hanno rivelato alla base una zona indebolita, corrosa dal continuo ristagno di acqua salmastra.
L'anteriore, quello di ingresso dei gas, presentava un piccolo foro, quello posteriore si è forato al minimo tentativi di saggiarne la resistenza.

A questo punto mi si son presentate 4 opzioni:

1) ricomprare la marmitta originale Volvo Penta al "modico" prezzo di almeno 300€. Pregio la rapidissima ed immediata sostituzione, difetto, manco a dirlo, il prezzo. Già sapendo che il pezzo originale, tra 10 anni sarebbe stato ancora a rischio foratura.



2) cercare qualche abile fabbro in grado di tagliate le zone corrose e risaldare delle lamiere inox nuove: pregio, forse, un po' di risparmio, difetti, le incognite, sull'affidabilità della riparazione, sul l'entità del risparmio, sull'abilità del fabbro.

3) sostituzione con marmitta in plastica Vetus, dal costo non proprio economico per un pezzo di plastica, di circa 150€. Pregi: non ne ho trovati, difetti, il costo, la necessità di adattare la marmitta, prevedendo un nuovo sistema di fissaggio, le dimensioni forse non perfettamente adatte. La versione Vetus con collettori da 45 mm ha infatti un volume di 4 litri, mentre l'originale sembrerebbe molto più capiente, anche perché la linea di scarico è molto lunga e allo spegnimento del motore la marmitta deve poter contenere il ritorno di tanta acqua.



4) sostituzione con marmitta CAN SB, al prezzo assai invitante di 40€! Pregi, il prezzo, la capienza di oltre 7 litri per la versione con collettori di diametro 40/45/50 mm, difetti la necessità di prevedere un diverso metodo di fissaggio rispetto all'originale.


Ovviamente, la soluzione scelta è stata l'ultima! :)

Ed è così che una giornata di metà aprile, con sole meraviglioso, temperatura perfetta, mare piatto e levantino dai 7 ai 10 nodi, è stata passata prima a lavare la povera Lady Blues, coperta da strati vergognosi di sabbia rossa, lasciata dalle recenti precipitazioni sciroccali, poi svuotando la cuccetta di poppa adibita s magazzino, quindi a tuffarmi nel retro del vano motore per incollare con epossidica qualche pezzo di compensato al fondo scafo.
Un bel foglio di neoprene sotto la nuova marmitta, 4 ponticelli inox avvitati alle basette di compensato, 4 grosse fascette in nylon e la nuova marmitta ha preso il suo posto:




Prova finale di avvio del motore, per controllare la tenuta del tubo di scarico in gomma sulle connessioni, svuotamento del polmone dell'autoclave, già che ero da quelle parti, riempimento della cuccetta magazzino, doccia, cenetta aperitivo ristoratrice, dopocena con letture, jazz, rum e cioccolato e... Un bell'indolenzimento alla schiena per la domenica successiva, ovviamente ricca di nuvole e pioggia! :(





SORALLI ALLA PROVENZALE DELLE ISOLE CON FAGIOLINI

SORALLI ALLA PROVENZALE DELLE ISOLE CON FAGIOLINI (per 2 persone, più l’assaggio per la gattina di bordo)

Ingredienti:

- 4 soralli (Trachurus trachurus) di medie dimensioni (pescati da papà Luis, possibilmente)
- una buona dose di fagiolini cornetti (Phaseolus vulgaris L.) lessati al dente (coltivati nell’orto di papà Danilo, possibilmente)
- Aglio rosa francese a volontà

-Prezzemolo fresco e profumato

-Olive taggiasche denocciolate sott’olio del frantoio imperiese di fiducia

- Una macinata di Pepe misto in grani

-Una spruzzata di vino bianco 

Per l’Aïoli:

- Maionese
- Aglio rosa provenzale
- Una punta di cucchiaio di Moutarde de Dijon

Preparazione:
Preparare un cartoccio con carta da forno e carta di alluminio; disporvi i soralli desquamati con mezzo spicchio di aglio in pancia. Mettere intorno dei rametti di prezzemolo e dei cucchiaini, a piacere, di olive taggiasche con il loro olio. Prima di chiudere il cartoccio pepare e spruzzare con il vino bianco.
Infornare a 180°C per circa 25 minuti. 
Impiattare e servire con abbondante aïoli e fagiolini lessati di accompagnamento.



CONSIGLIO:
Un piatto semplice e veloce da assaporare nella baia di Port Cros (isole Hyères) alle boe sotto il Fort du Moulin, quasi all’imbrunire, al frinire assordante delle cicale.