IL LUOGO DEL CUORE
Arrivare
via mare dopo una traversata notturna, con un morbido mare come metallo
fuso punteggiato da scie di plancton, mentre nel cielo nero come la
pece brilla la via lattea, dopo qualche avvistamento dei grandi signori
del mare, gli imponenti cetacei, se si è fortunati, è già un tripudio
di emozioni.
Se credete di essere già in pace e stare bene con voi stessi e con gli elementi della natura, allora starete ancora meglio: questa piccolo villaggio esalta tutti i sensi. Già, i sensi. La vista è più che appagata dalle mille gradazioni di rosso dei calanchi, dal color amaranto alle più intense sfumature di borgogna, che si tuffano all’alba ed al tramonto nel mare più blu del Mediterraneo dal fondo scuro e profondamente misterioso. Come in un caleidoscopio i colori cambiano continuamente sotto i caldi raggi del dorato sole Corso.
L’olfatto
è stimolato e pungolato da un mélange di odori contrastanti: l’umido
salmastro lascia presto il posto all’intenso profumo aromatico e
resinoso della macchia mediterranea e delle sue essenze riscaldate e
battute dal vento caldo e secco. Lentisco, cisto, corbezzolo, rosmarino
selvatico e mirto i coraggiosi e pettinati arbusti che si piegano alla
forza impetuosa delle libecciate invernali e difficilmente si spezzano.
E poi arriva improvviso ed inaspettato l’odore pungente e genuino delle vacche e dei cavalli che bivaccano alternandosi sul verde prato dietro le baracche impolverate e sulla selvatica spiaggia a mezzaluna. Già la spiaggia. Niente a che vedere con la bianchissima e tropicaleggiante sabbia della Palombaggia o di Saleccia, o con i cristallini granelli color miele di Santa Manza; no, la piccola spiaggia della Girolata è rustica, sassosa e farinosa al tempo stesso, contaminata da posidonia secca, quasi ostile. Per i più, turisti che sbarcano di giorno dai traghetti che fanno la spola da Porto o da Calvì, la spiaggia risulta deludente, per me invece conserva un qualcosa di atavico. Giudizi contrastanti nascono anche sul campo boe… gli storici frequentatori del golfo, prima della posa dei corpi morti, velisti puristi o quantomeno persuasi di esserlo, vedono questa istallazione come una violenza, io trovo invece sia una culla ed un buen ritiro tra una veleggiata ed una mareggiata estiva.
E poi arriva improvviso ed inaspettato l’odore pungente e genuino delle vacche e dei cavalli che bivaccano alternandosi sul verde prato dietro le baracche impolverate e sulla selvatica spiaggia a mezzaluna. Già la spiaggia. Niente a che vedere con la bianchissima e tropicaleggiante sabbia della Palombaggia o di Saleccia, o con i cristallini granelli color miele di Santa Manza; no, la piccola spiaggia della Girolata è rustica, sassosa e farinosa al tempo stesso, contaminata da posidonia secca, quasi ostile. Per i più, turisti che sbarcano di giorno dai traghetti che fanno la spola da Porto o da Calvì, la spiaggia risulta deludente, per me invece conserva un qualcosa di atavico. Giudizi contrastanti nascono anche sul campo boe… gli storici frequentatori del golfo, prima della posa dei corpi morti, velisti puristi o quantomeno persuasi di esserlo, vedono questa istallazione come una violenza, io trovo invece sia una culla ed un buen ritiro tra una veleggiata ed una mareggiata estiva.
Indubbiamente
di tutta la Corsica qui si trova l’equipe più gentile ed attenta tra
le capitanerie. Al timone di questa famiglia, dove gli ormeggiatori
scalzi si somigliano tutti, il Maître du port Jean-François Luciani, un
personaggio che ti squadra attraverso le lenti dei suoi spessi occhiali
velati dalla salsedine, con due furbetti occhietti di chi la sa lunga.
Dorme probabilmente col suo Vhf sul cuscino, nel caso in cui a notte
fonda qualche imbarcazione chieda soccorso in difficoltà. Non nega mai
una chiacchiera in un orgoglioso italiano dall’accento francese e fa
filare tutta l’organizzazione alla perfezione dirigendo dalla baracca di
legno scrostata sulla spiaggia, la Capitaneria, semplicemente.
Una volta ormeggiati un tuffo nelle trasparenti acque è inevitabile. L’acqua è spesso fredda, ma anche ricca di pesci, polpi e pinne nobilis anche sotto le carene delle barche a vela, abitanti ignari della grande bellezza di cui fanno parte. D'altronde la Riserva Naturale della Scandola è dietro l’angolo.
Ma dopo il mare giunge il momento dei sapori e del gusto. Una raffinata antologia per le papille gustative. Contrasti che fanno della Girolata un posto unico. In un’atmosfera agreste, dove i ritmi dei pochi pescatori, della bottegaia e dei gestori di una specie di baretto sulla spiaggia sono semplici, rustici e rallentati, ci si tuffa nell’alta cucina di impronta francese del Bon Espoir. Un tripudio di sapori eccellentemente armonizzati tra loro ed un appagamento visivo che da solo meriterebbe lo sbarco a Girolata. Una destinazione gourmet che non ti aspetti la prima volta e che ti si tatua sulle papille gustative e ti riporta l’anno successivo a fare della Girolata una tappa imperdibile. Su tutte le specialità una nota di merito va persillade de seiche che si scioglie in bocca esplodendo in una gran festa di sentori di aglio, prezzemolo ed aceto balsamico, il tutto annaffiato da fresco e aromatico rosè corso, più rude rispetto al vellutato cugino provenzale. La bellezza sta tutta concentrata nella delicatezza della combinazione delle portate e vista dalla terrazza a picco sul golfo della TUA amata casa galleggiante a vela. Sapendo che è là e ti aspetta e che per raggiungerla dopo questa esperienza sopraffine ed elegante dovrai inumidirti poco elegantemente le chiappe risalendo sul fido tender, ormeggiato insieme agli altri al pontile di legno.
All’imbrunire
la folla chiassosa ed invasiva dei turisti giornalieri si dissolve con
l’ultima partenza dell’ultimo traghetto della giornata. A Girolata
arrivi solo via mare o dalla montagna, attraverso ripidi e lunghi
sentieri nella vegetazione bassa mediterranea. Non ci sono auto, né
strade.
Giorni troppo brevi, notti di sogno dove le poche casette in pietra rossa, perfettamente inserite nel paesaggio, sono illuminate da calde e fioche luci che si intravvedono dalle finestre. Sembra un presepe la Girolata di notte. Un posto di altri tempi dove puoi incontrare di giorno un eremita dalla lunga ed immacolata barba bianca, in jeans e camicia a quadri e cappellino con visiera, e vederlo caricare di provviste il suo splendido stallone nero e far ritorno sulla montagna diretto chissà dove…
Si respira un'atmosfera di serenità e di pace a Girolata, specialmente sul promontorio che domina la baia dove riposano i vecchi abitanti del paese in un piccolo cimitero marino racchiuso tra un muretto di pietre a secco e olivastri, eriche arboree e tondi cuscini di euforbie.
E il suono del vento e della risacca nelle ore diurne viene sopraffatto dallo stridio delle cicale, che solo al tramonto si rilassano. Capita di sentire il ragliare di un misterioso e fantomatico asino e alle prime luci dell’alba il vero gallo di campagna ti da il buongiorno, non come quelli che cantano a tutte le ore disorientati dallo stress di città.
Ben presto però giunge il momento di mollare gli ormeggi e ripartire, di rimettersi in mare, abbandonare anche per quest’estate la cara e accogliente Girolata. L’ultimo saluto uscendo alle prime luci dell’alba dalla baia, dominata dalla decadente tour génoise a pianta quadrata, vestigia della dominazione ligure in terra Corsa, mette un po’ di tristezza, ma anche la certezza che è solo un arrivederci; la baia resta là ad aspettarci indolente ed incurante delle mode e del tempo che scorre a grande velocità.
Avvèdeci Ghjirulatu
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